Indagine sull'origine degli anni di piombo
Dalla contestazione radicale alla lotta armata, dalle manifestazioni di piazza dell'autunno caldo ai morti. Dopo tanti libri, saggi, autobiografie e testimonianze sugli anni comunemente definiti di piombo, un giovane storico, Gabriele Donato, ha scelto d'indagare sulla nascita della violenza e del sangue, e di ricostruire le motivazioni che spinsero tanti militanti dell'estrema sinistra ad abbandonare le lotte alla luce del sole per imboccare la strada della clandestinità e delle armi. Alla domanda del perché venne scelto il terrorismo per «farne territorio di pratiche collettive», aprendo quel tragico decennio che avrebbe cambiato per sempre il Paese, Donato tenta di dare una risposta in La lotta è armata, Sinistra rivoluzionaria e violenza politica in Italia 1969-1-972 ( DeriveApprodi), un saggio che centra l'obiettivo e che, forte di centinaia di testi e documenti consultati (biografie, testimonianze, opere storiche, inchieste giornalistiche e atti giudiziari), punta a raccontare come venne proposto, discusso e assorbito il tema della violenza politica da tutte le componenti di quella piccola folla che costituiva la sini- stra più estrema.
Non c'è una tesi univoca nella ricostruzione di Donato, ma un mosaico di ragioni possibili, di cui una centrale. In quegli anni si era fatta spazio l'idea che presto il Paese sarebbe insorto grazie alla radicalizzazione delle lotte e i militanti dei gruppi e gruppetti extraparlamentari consideravano l'esito rivoluzionario quasi un'evoluzione naturale dell'aspra conflittualità sociale che avevano vissuto. Ma il 12 dicembre 1969 la doccia fredda della strage di Piazza Fontana mostra il volto buio delle istituzioni. Ne seguì una repressione diffusa e sempre più dura da contrastare fino al 1972 quando l'uccisione del commissario Luigi Calabresi rese evidente di quanto l'asse politico della sinistra conflittuale si fosse ormai spostato verso l'illegalità. Fu però soprattutto la rinascita dei partiti riformisti a contribuire al disincanto di quanti di quelle "illusioni insurrezionaliste" si erano nutriti. E la loro egemonia ebbe la meglio sul movimento operaio e sulle lotte sociali, tanto che la forbice tra le aspettative rivoluzionarie e la capacità di recupero delle forze moderate si allargò al punto da risultare incolmabile.
Fu dunque la frustrazione per le aspettative rivoluzionarie deluse a
provocare la violenza terroristica? Lo scenario ricostruito da Gabriele
Donato fa emergere questa ipotesi. Si parte dai due gruppi di maggiore
impatto dell'epoca , Potere Operaio e Lotta Continua, con i loro dibattiti,
percorsi e prese di posizione, spesso contigue alla violenza politica;
ma è la nascita del Collettivo politico metropolitano a Milano a
dare la spinta maggiore a un dibattito interno che farà prevalere
l'organizzazione, l'illegalità e la clandestinità finalizzate
alla lotta armata. Anticamera delle Brigate rosse.
Silvana Mazzocchi, "la Repubblica", 30 novembre 2014