Bruno Luverà è un uomo dalla doppia vita: nella sua prima
vita, Luverà è un redattore del Tg1. Non che lo faccia malaccio,
questo mestiere, anzi lo scorso anno, a Genova, era uno di quelli che si
piazzava al centro media del Genoa social forum, principale fonte di notizie
tra i fumi del G8. Ma, insomma, il Tg1 è quel che è. Così,
Luverà ha la sua seconda vita, nella quale scrive libri su fenomeni
dei nostri giorni, magari discutibili [come secondo me quello su Haider
di un paio di anni fa], ma in cui sempre si vede il lavoro di documentazione
e lo sforzo di capire.
Questo su Genova e il G8, ad esempio, è sorprendente, se si
tiene conto che è scritto da qualcuno che con "il movimento" non
ha un gran che a che fare, se non come cronista. Forse, in realtà,
il libro è la prova nero su bianco che, se i "colleghi" facessero
la fatica di documentarsi e avessero l'umiltà per cercare di comprendere
quel che è diverso dal loro universo di frasi e comportamenti stereotipi,
avremmo una stampa molto più interessante, e molte meno "note politiche".
Luverà, e per esempio Piero Sansonetti dell'Unità , dimostrano
che non essere scemi né in malafede è possibile. Il che non
significa che si debba per forza parlar bene dei movimenti sociali. "La
trappola" non è un libro tenero anzi è due libri. Nel primo,
si racconta con documentazione ineccepibile come coloro che erano a Genova
siano stati attirati in un tranello, che aveva lo scopo di dimostrare che
si trattava di violenti, in modo da annichilire il movimento. Dopo film
come quello di Davide Ferrario, questa parte del libro è una parola
non dico definitiva, ma molto seria, sulle colpe commesse dal governo.
Ma è la seconda parte, la più interessante. Quella in
cui cerca di rintracciare radici, idee e temi del movimento globale. E
ci azzecca: il primo gennaio 1994, l'insurrezione zapatista in Chiapas,
è il punto di partenza. Da cui si sviluppano, scrive, due correnti
di pensiero più originali di altre: quella riconducibile al pensiero
di Toni Negri, e di cui le ex tute bianche, o parte di esse, sono gli interpreti
principali, e quel che viene riassunto nell'espressione "cantieri sociali",
premessa, dice l'autore, dei social forum spuntati come funghi dopo Genova,
e a cui viene ricondotta, grazie alla forma diffusa, anche la Rete Lilliput.
Fare classificazioni e individuare scuole di pensiero, in quel brodo di
coltura che è il "movimento dei movimenti" è sempre pericoloso.
Bruno Luverà lo ha fatto, però, con un rispetto per il quale
bisognerebbe dirgli grazie.
Pierluigi Sullo, "Carta", N. 25-2002