Dopo decenni di indifferenza degli storici, e mentre è ormai
sotto gli occhi di tutti il degrado dell’attuale scuola aziendalizzata,
questo studio ricostruisce per la prima volta ? e invita a riscoprire ?
i progetti di rinnovamento democratico e di impegno civile che caratterizzarono
le esperienze didattiche di opposizione degli anni Settanta, soprattutto
nella scuola dell’obbligo: da don Lorenzo Milani al Movimento di Cooperazione
Educativa, da Danilo Dolci a Mario Lodi, alle scuole popolari, alle sperimentali,
ai corsi 150 ore, all’animazione teatrale di Giuliano Scabia e Franco Passatore.
Il saggio, dunque, è un esercizio di memoria critica che esplicitamente
si contrappone alla conformistica damnatio memoriae e alla superficiale
archiviazione del periodo come “anni di piombo”.
I primi tre capitoli sono dedicati alla multiforme fisionomia di un
movimento della scuola che, nell’inedito contesto della scolarizzazione
di massa, opera una profonda cesura rispetto al passato: ne sono protagonisti
i “nuovi insegnanti” formatisi nel ’68, i volontari delle scuole popolari,
gli studenti lavoratori, gli operai e le donne tornati a scuola con un
ruolo attivo nei corsi 150 ore, i portatori di handicap non più
differenziati; e nella costruzione di una didattica nuova, contro i libri
di testo e per le biblioteche di classe, li sostiene l’intensa attività
di tutta una costellazione di editori alternativi, librerie di movimento,
centri di documentazione. Gli altri tre capitoli del libro si concentrano
su alcuni nodi ideali e di azione di tale didattica: l’affermazione di
un modello di scuola non selettiva e di classe, soprattutto col tempo pieno
e i corsi 150 ore; l’antiautoritarismo e la ricerca di un’educazione non
repressiva, che, partendo dalla riflessione sul rapporto tra il personale
e il politico, porta nella scuola l’animazione teatrale e la libera espressione;
l’antifascismo, inteso come fattore essenziale di una coerente educazione
alla libertà, alla democrazia, alla socializzazione, alla libera
corporeità, contro ogni concezione autoritaria e nazionalistica,
e ogni discriminazione di razza e di genere.
Queste esperienze e il loro retroterra culturale rivivono non solo
attraverso i libri e le riviste che formavano le biblioteche dei nuovi
insegnanti di movimento, ma anche grazie a una vasta documentazione inedita
(prese di posizione politiche e sindacali, documenti di programmazione,
materiali didattici prodotti dagli insegnanti, giornalini, testi e audiovisivi
realizzati dagli studenti), preziosa per la ricerca storica ma esposta
al rischio della dispersione e della dimenticanza perché non inserita
nel circuito istituzionale. Il cd-rom allegato, a sua volta, presenta un
materiale iconografico di grande interesse sia storico sia culturale e
artistico, anch’esso tutto da riscoprire, recuperare e salvare.
È infine da sottolineare che l’autrice interpreta la didattica
alternativa degli anni Settanta come un episodio di storia non solo della
scuola ma anche della società italiana, rivendicando agli studi
di storia contemporanea una realtà che solitamente si considera
separata, o significativa solo per gli aspetti legislativi e giuridici,
mentre nel periodo di cui la ricerca si occupa la scuola fu un autentico
laboratorio di sperimentazione e analisi culturale e sociale, all’insegna
della partecipazione democratica e del potere dal basso, in stretto rapporto
con le dinamiche e i conflitti di quegli anni.
Roberto Signorini