All'inizio del 2004, un autorevole dirigente politico della sinistra,
commentando le ultime vicende delle Brigate Rosse, affermava di non essere
in grado di dare una risposta al perché l'Italia era l'unico Paese
dell'Occidente nel quale la lotta armata si protraeva da oltre trent'anni.
Questione cruciale, e di vecchia data, perché investe la turbolenta
storia sociale e politica della nostra Repubblica, che questo libro - la
prima trattazione completa sull'argomento - affronta partendo da una tesi
forte, che non mancherà di sollevare polemiche.
La lotta armata ha avuto vita così lunga in Italia per due precise
ragioni concomitanti, spesso considerate separatamente da osservatori e
studiosi. Capire la sua storia è impossibile senza capire a fondo
chi l'ha combattuta, come e con quali fini. Se da un lato, infatti, il
progetto rivoluzionario brigatista ha goduto nei primi anni Settanta di
un certo consenso, poi estintosi col mutare delle condizioni del Paese,
dall'altro lato è sopravvissuto per tanti anni grazie alla «lentezza»
dell'azione repressiva dei servizi di sicurezza che, come il libro documenta
ampiamente, sin dal 1972 potevano debellare ogni nucleo armato. Finite
le Br storiche, oggi ci si può chiedere: com'è possibile
che poche decine di irriducibili mal organizzati, peraltro già noti
da tempo ai servizi, abbiano potuto assassinare D'Antona e poi Biagi, lasciato
senza scorta malgrado le minacce risapute? E poi, è solo un «caso»
che gli omicidi più eclatanti siano coincisi con momenti delicati
della dinamica economico-politica del Paese (per ultimo quello Biagi, piovuto
come una bomba sullo scontro governo-sindacato per l'articolo 18)? Sempre
e solo all'arbitrio del caso si deve una lunga scia di morti strane e «suicidi»
(come quello del perito informatico che aveva scoperto la provenienza della
mail di rivendicazione dell'omicidio D'Antona)? Bisogna credere alla inettitudine
dei guardiani della «sicurezza democratica», oppure è
lecito pensare che certi uomini-chiave sanno quando agire o lasciar fare
secondo una propria logica di potere interno alle istituzioni? Se poi si
considera che dai tempi di De Lorenzo a oggi i servizi, a vari livelli,
sono stati coinvolti in quasi tutte le stragi fino al caso Ilaria Alpi,
l'ultima ipotesi non sembra poi tanto peregrina.
Per offrire un ordine, dunque, a questo labirinto di misteri e reticenze
che è la nostra storia recente, Galli parte dal piano delle testimonianze
(di ex brigatisti, politici e magistrati), lo confronta con quello dei
dati puri (particolari mai chiariti in più omicidi, scandali e retroscena
politici) e li intreccia nelle tappe di un dibattito storiografico che
non ha ancora trovato il giusto distacco da una materia incandescente,
che continua a inquinare il presente.
«Altrove la lotta armata finisce (Francia, Germania) e si esaurisce
persino in Irlanda (sulla base delle trattative), mentre perdura per i
Paesi Baschi. L'Italia diventa un caso particolare, con la lotta armata
che si prolunga per tutti gli anni Ottanta e si ripresenta, inopinatamente,
a cavallo del terzo millennio. Si può dire che sia entrata a far
parte permanentemente dell'anomalia italiana, per cui stentiamo a diventare
un Paese normale?»
"«Non un doppio Stato», sostiene Galli bensì «uno
Stato nello Stato» che al dunque è rappresentato dai Servizi
preposti a contrastare il terrorismo, ma che in realtà l'avrebbero
soltanto guardato a vista e alla fine dei conti utilizzato in maniera diversa
a seconda degli anni."
di Giovanni Bianconi
Corriere della Sera
"Giorgio Galli, a 75 anni passati, ha lasciato l'Università e
ha finito di scrivere il saggio che è la summa di decenni di studi,
probabilmente il più completo e dettagliato lavoro sul terrorismo
di sinistra in Italia."
di Attilio Giordano
Il Venerdì
"Se cercate spiegazioni non immediate a eventi monopolizzanti come quelli
su citati dovete fare uno sforzo e provare a leggerlo"
di Jacopo Iacoboni
La Stampa
"L'analisi dell'utilizzazione politica degli omicidi D'Antona e sopratutto
Biagi da parte dei partiti della seconda repubblica è da manuale,
e insiste a lungo sull'uso fatto dai media e dai partiti di governo dell'omicidio
Biagi"
di Andrea Colombo
Il Manifesto