Il testo è costruito sulle sentenze relative ai processi celebratisi
tra Padova e Roma dal 1980 al 1992. L’a. afferma che «le sentenze
sono una fonte storica eccezionale» (p 11), ma l’impianto dell’opera
trasforma meccanicamente la sentenza da fonte storica a Storia. Di conseguenza,
il materiale giudiziario è scarsamente interpolato con altre fonti
e assunto acriticamente. Interessanti opere, non sempre di taglio storico,
ma imprescindibili quando si affrontano questi temi, avrebbero fornito
più articolati strumenti interpretativi (fra gli altri: Aldo Grandi,
La generazione degli anni perduti. Storie di potere operaio, Torino, Einaudi,
2003 e Giorgio Bocca, Il caso 7 aprile. Toni Negri e la grande inquisizione,
Milano, Feltrinelli, 1980). L’ormai ricca documentazione proveniente dagli
ex autonomi è giudicata una falsificazione della realtà (p.
11), ma ciò non esenta dall’esaminarla come fonte.Lo spunto dal
quale parte il testo rileva la centralità di Padova che, dal 1972
al 1980, subisce il maggior numero di azioni violente in proporzione agli
abitanti. Quanto ha inciso il ruolo di Toni Negri nell’ambiente padovano?
Era effettivamente in grado di governare un movimento sfrangiato e non
propriamente intellettuale come l’Autonomia organizzata? Il testo elude
questi quesiti, ricorre a lunghe citazioni di inizio anni ’70 della rivista
«Potere operaio» sulla necessità della violenza, ma
in che modo ciò spiega l’illegalità diffusa e i percorsi
criminosi maturati qualche anno dopo? Non sempre gli inviti alla violenza
si sono tradotti in realtà, è invece l’evoluzione del quadro
sociale (qua scarsamente sondato) che accende le micce. Più pertinenti
le analisi di brani della rivista «Rosso», contigua nello spirito
e nel momento agli episodi violenti, e vista nel suo rapporto di relazione
ideologica con le precedenti asserzioni contenute in «Potere operaio».Non
inappuntabile la completezza informativa: per tre volte è citato
l’assassinio, compiuto a Padova dalle Br il 17 giugno 1974, di Graziano
Giralucci e di Giuseppe Mazzola senza mai riferire l’identità politica
delle vittime (si trattava di missini uccisi in seguito a un’incursione
nella sede del Partito in via Zabarella, nel centro storico). Nel caso
del partito armato padovano l’approdo a numerose sentenze definitive di
condanna non deve occultare il non trascurabile numero di assoluzioni e
la presenza di ipotesi investigative culminate in alcune diaboliche cantonate:
è il caso di Toni Negri (non immune da gravi responsabilità)
ma non capo delle Br né del terrorismo intero, o il rinvio a giudizio
dello scrittore Nanni Balestrini, pienamente assolto da ogni imputazione.
Quanto ha influito la pressione sociale di un paese stanco e piagato dal
terrorismo nel rendere tollerabili errori giudiziari e azioni a vuoto del
corpo inquirente?Tra le tesi proposte dal testo è che sia stato
proprio questo ricco filone di indagini padovane sull’Autonomia ad assestare
il colpo decisivo al terrorismo. L’asserzione offusca l’attività
giudiziaria di tante altre procure e pecca, al di là delle migliori
intenzioni dell’a., di un eccessivo determinismo che accompagna l’impianto
di tutta l’opera.
Mirco Dondi