La rivista "Una citta'", n. 108 del novembre 2002 (http://www.unacitta.it), ha pubblicato questa intervista a Donatella Della Porta, docente all'universita' di Firenze, e attenta studiosa dei movimenti sociali.
- "Una citta'": Lei sta facendo una ricerca sul movimento new-global.
Ci puo' dire quali sono, secondo lei, le caratteristiche nuove di questo
movimento?
- Donatella Della Porta: Il discorso sulla novita' dei movimenti e'
sempre difficile da affrontare perche' in genere anche i movimenti tendono
a costruirsi sul passato, quindi ci sono senz'altro molti aspetti di continuita',
altrettanto interessanti da mettere in evidenza rispetto agli elementi
di novita'. Dal punto di vista dell'innovazione direi che la novita' forse
piu' rilevante e' la capacita' di mettere in rete, di collegare delle identita'
molto diverse dal punto di vista sia organizzativo sia di classe sociale,
sia generazionale, e che in passato si erano espresse attraverso movimenti,
proteste, strutture organizzative diverse, qualche
volta anche con qualche tensione tra loro. Per esempio, in passato
tra il movimento ambientalista e i sindacati c'erano stati anche momenti
di tensione, quando i temi della protezione dell'ambiente venivano contrapposti
allo sviluppo e all'occupazione. Nel movimento c'e' una grande attenzione
al sud del mondo e ci sono movimenti nel nord del mondo che cercano di
sviluppare un collegamento: da questo punto di vista anche in passato
c'erano movimenti che si dicevano internazionalisti e cercavano di mettere
in collegamento parti del mondo diverse, pero' in questo caso la consapevolezza
che l'azione sui temi della globalizzazione debba essere globale, mi sembra
molto piu' forte. Un altro dato interessante, in relazione ai movimenti
del passato, e' che negli anni Settanta erano emersi alcuni movimenti,
come quello delle donne e quello ecologista, che erano
stati definiti post-materialisti, perche' ritenevano prioritari temi
come quello delle liberta', della difesa della soggettivita' rispetto al
problema della giustizia sociale, che forse sentivano un po' in via di
risoluzione. Adesso invece in questi movimenti si e' creato un ponte, un'interazione
tra i temi classici della sinistra tradizionale, in particolare la giustizia
sociale, e temi che erano stati avanzati da movimenti sociali nuovi, in
particolare la ricerca di forme nuove di democrazia. E' interessante vedere
anche come queste diversita' vengono percepite dall'interno del movimento
e dalle diverse anime e aree in cui il movimento si articola, come una
ricchezza. Anche in passato i movimenti sociali erano stati caratterizzati
dalla compresenza di identita' diverse, pero' c'era stata sempre un'aspirazione
a una unicita', alla ricerca di una struttura organizzativa unitaria e,
soprattutto, di un'identita' unitaria. Ora invece tutto cio' sembra superato
da un'accettazione della molteplicita' come espressione positiva per il
movimento. L'elemento di continuita' che anche la nostra ricerca ha individuato
consiste nel fatto che questo movimento mette insieme
un attivismo, una partecipazione politica, che si erano espressi gia'
in passato. Le persone che abbiamo intervistato, che avevano partecipato
alla manifestazione di Genova o anche ad altre successive, sono persone
che avevano vissuto in passato esperienze in diverse realta' associative,
da quelle di tipo solidaristico, le organizzazioni del cosiddetto terzo
settore, le associazioni di volontariato, ad associazioni legate piu' ai
movimenti sociali, delle donne, dell'ambiente. E questo anche e'
interessante: sempre di piu' le manifestazioni vengono promosse da
centinaia e centinaia di sigle. A Genova la protesta contro il G8 era stata
promossa da un grande cartello di circa 800 organizzazioni. Un aspetto
interessante e' che queste organizzazioni sono anche estremamente eterogenee
come forme d'azione, come strumenti organizzativi, ma riescono - e questa
e' una
novita' - a incontrarsi, a mettersi in rete, spesso anche utilizzando
la cosiddetta "rete delle reti", internet, per entrare in contatto,
privilegiando, appunto, un'identita' molteplice ma coordinandosi su
alcuni temi centrali per il movimento.
- "Una citta'": Anche una certa confusione, chiamiamola ideologica,
si puo' ricondurre a questa pluralita'? La confusione del nome, ormai evoluto
da "no" a "new", in qualche modo testimonia una complessita' della realta',
per cui si e' tutti un po' amanti delle differenze, ma allo stesso tempo
ancora tutti molto universalisti...
- Donatella Della Porta: Nelle interviste che abbiamo fatto con gli
attivisti ci e' sembrato che emergesse in maniera abbastanza chiara che
il "no" e' una componente molto minoritaria del movimento. Non a caso il
movimento tende a rifiutare l'etichetta di no-global, ma abbiamo notato
che anche gli attivisti tendono a pensare a un'altra globalizzazione, piuttosto
che a una contrapposizione a tutte le forme di globalizzazione. Il "no"
netto e' a un tipo di globalizzazione, cioe' a una globalizzazione
neoliberista, alla globalizzazione dei mercati, che ha voluto dire
riduzione della capacita' della politica di intervenire rispetto alle disuguaglianze
economiche. La percezione che, soprattutto negli anni '80 e '90, la globalizzazione
sia stata sponsorizzata, portata avanti da alcune organizzazioni internazionali
che hanno privilegiato la liberalizzazione degli scambi rispetto ad ogni
obiettivo di sviluppo eco-sostenibile, di difesa dell'ambiente, ma soprattutto
di difesa dei diritti sociali e' un tema unificante che tiene insieme un'area
che va dai gruppi della Rete Lilliput, alcuni anche vicini a un attivismo
di tipo cattolico, ai gruppi
dei centri sociali. Li' c'e' un "no" netto, li' c'e' un'identita' che
si contrappone, e anche delle richieste articolate che si contrappongono
a questa forma di globalizzazione. Pero', per il resto, il movimento e
gli attivisti si percepiscono come attivisti di un mondo globale, dove
i problemi non possano essere affrontati in maniera localizzata, ma collegando
ricerche di soluzioni locali e globali in nome di una globalizzazione dei
diritti. Quindi c'e' anche la consapevolezza che alcuni aspetti della
globalizzazione rappresentano risorse piuttosto che vincoli. La definizione
del movimento "no-global" era presente solo nel 5% dei nostri intervistati.
Nella maggior parte dei casi quello che unificava era la richiesta di una
globalizzazione diversa, di un altro mondo possibile, dove gli slogan,
che sono abbastanza indicativi delle richieste del movimento, sono appunto
"globalizzazione dal basso", "globalizzazione dei diritti", che ancora
riportano a questi due nodi che mi sembrano centrali in questo movimento:
richiesta appunto di giustizia sociale, globalizzazione dei diritti
e di democratizzazione con la ricerca di forme di democrazia nuove.
- "Una citta'": A chi esprime diffidenza verso il cosiddetto antagonismo
di alcune parti consistenti del movimento, responsabile in parte dello
"scontro" genovese, altri osservatori replicano: "State attenti perche'
c'e' una novitq', a parte gli antagonisti di professione, la maggior parte
delle persone va alla manifestazione, si contrappone ma poi, rientrando
nel quotidiano, fa delle cose, la bottega dell'equo-solidale, l'associazione,
e li' c'e' la proposta, c'e' il "riformismo" in qualche modo...
- Donatella Della Porta: Intanto bisogna dire che a Genova erano presenti
due tipi di gruppi fra i piu' radicali: da un lato i black block, un gruppo
considerato anche dal movimento come piuttosto esterno, sempre piu' antagonista
anche del movimento stesso, le cui iniziative vengono percepite come forme
di azione sbagliate e con effetti negativi. Invece un'altra componente,
presente e visibile a Genova, che fa parte a tutti gli effetti della rete,
del movimento, e' quella dei "disobbedienti", dei centri
sociali, delle allora "tute bianche". Io credo che ci sia stata un'evoluzione
interessante all'interno dei centri sociali, che li ha portati progressivamente
ad allontanarsi da forme di protesta piu' violente verso una ritualizzazione
simbolica dello scontro, che prevedeva piu' che una militarizzazione effettiva,
lo spostamento a un livello simbolico, quasi mitologico, del conflitto.
E sotto questo profilo credo che sia un'evoluzione che puo' aiutare una
descalation piuttosto che un'escalation dei conflitti. E dopo Genova credo
ci sia ancora piu' attenzione, da parte del movimento, a evitare di dare
un'impressione di un movimento violento.
Per esempio a Firenze questa attenzione e' stata molto forte. Sembrava
che in tutto il movimento, inclusa l'ala dei disobbedienti, ci fosse una
consapevolezza del rischio di farsi percepire come parte di gruppi radicali.
E quindi l'evoluzione che c'e' stata, soprattutto nel corso degli anni
Novanta, ha facilitato una riduzione dell'utilizzazione effettiva della
violenza. Genova, per esempio, avrebbe potuto riavviare un processo di
radicalizzazione, e invece per il movimento e' diventato un campanello
d'allarme: dopo Genova non ci sono stati episodi di radicalismo nelle
forme d'azione. Quindi diciamo che da questo punto di vista ho l'impressione,
e anche i dati che abbiamo raccolto lo confermano, che questo e' un movimento
molto convinto della nonviolenza, sia del valore simbolico piu' profondo,
soprattutto in alcune componenti del movimento che teorizzano la nonviolenza
gandhiana, che definiscono la nonviolenza con la enne maiuscola, ma anche
nelle altre ali del movimento, quelle che non sono convinte della nonviolenza
come valore in se', ma sono fortemente convinte che in questo momento sia
sbagliato, in paesi democratici, utilizzare forme d'azione radicali. Questo
non deve far pensare che i movimenti sociali rinunzino del
tutto a forme di protesta non convenzionali. Cosi', per esempio, l'occupazione
o il cosiddetto smontaggio dei centri di permanenza temporanea degli immigrati
senza documenti sono forme di azione sicuramente non convenzionali, pero'
analoghe, in qualche modo, agli scioperi del passato, le occupazioni, i
blocchi stradali, a forme di protesta, cioe', che, credo sarebbe molto
pericoloso considerare solo sotto il profilo dei problemi di ordine pubblico.
La protesta e' di per se' dirompente, e' di per se' un'azione che esce
dalla routine, pero' ci sono forme di protesta che sono momenti in cui
si cerca di acquisire visibilita', ma una buona gestione dell'ordine pubblico
consiste nel non far degenerare queste forme non convenzionali in forme
d'azione violenta. Io credo che su questo ci sia, sia da parte delle forze
di polizia che da parte dei manifestanti, una certa pratica che si e' sviluppata
negli ultimi due decenni, che a Genova non e' stata sostenuta, ma che poi
mi sembra abbia dato buoni risultati
successivamente, sia a Firenze, che nelle manifestazioni precedenti
al Social Forum Europeo e successive alla contestazione del G8.
- "Una citta'": E rispetto al retroterra quotidiano?
- Donatella Della Porta: Questo e' una novita' degli ultimi dieci anni,
e il movimento new-global o globalizzazione dal basso, come lo vogliamo
chiamare, e' riuscito a rendere visibili una serie di esperienze che si
erano mosse soprattutto nell'ambito sociale, delle pratiche dell'obiettivo,
di crescita della consapevolezza, senza, pero', acquisire visibilita' politica:
le banche etiche, il commercio solidale, la proposta di bilanci alternativi,
ma anche la vita quotidiana dei centri sociali, che spesso e' fatta di
attivita' di sostegno a gruppi marginali, attivita' di volontariato
sociale. Diciamo che il passaggio rispetto agli anni Settanta, che e' ancora
visibile nel movimento, e' stata la ricerca di un impegno concreto, anche
di forme d'azione che permettessero di cominciare a cambiare se stessi
e il proprio ambiente, a partire dalla vita quotidiana. Questo c'e' molto,
fa parte un po' dell'esperienza di testimonianza cattolica, ma anche dell'evoluzione
di movimenti come quello delle donne, che avevano sottolineato l'importanza
di cambiare le coscienze, piuttosto che di prendere il potere politico.
C'e' poi un'altra novita' importante, anche se e' in qualche modo un'evoluzione
dei movimenti precedenti: l'attenzione alla formazione di un contro-sapere,
di una nuova cultura, di informazione, che si esprime spesso attraverso
i forum sociali, che sono gigantesche conferenze con relazioni spesso ad
alti livelli di contenuto scientifico, spesso con un linguaggio anche piu'
da addetti ai lavori che da politici. Si privilegia l'attenzione alle informazioni,
al sapere, a non costruire delle grandi ideologie, ma a costruire partendo
da una conoscenza delle cose. Con questo non voglio certo idealizzare questi
incontri, dove c'e' anche molta presentazione di discorsi identitari, organizzativi,
legati a temi ideologici degli anni '60 e '70. Pero' quello che e' nuovo,
che stupisce, e' che nei Forum sociali, i grandi leader non sono i politici
ma piuttosto gli studiosi. Al Forum sociale di Porto Alegre erano in 3.000
ad aspettare Noam Chomsky, che faceva una relazione da esperto delle comunicazioni
di massa. Anche questo e' un aspetto abbastanza nuovo rispetto ai movimenti
degli anni '60.
- "Una citta'": E rispetto alla composizione sociale del movimento?
- Donatella Della Porta: In questi questionari che abbiamo distribuito
a Genova e poi ad altre manifestazioni, alla Perugia-Assisi, e poi adesso
al Social forum europeo, c'era anche una domanda sulla base sociale. Anche
li' la novita' sembra essere la pluralita'. E' un movimento senz'altro
multi-classe. Anche questa e' una novita' rispetto ai tipici movimenti
sociali degli anni Settanta, Ottanta che erano stati dei movimenti prevalentemente
di ceti medi, di nuovi ceti medi, da una parte, e un
movimento sindacale prevalentemente di classe operaia e di ceti medi
dipendenti. Il movimento new-global vede una presenza fortissima di giovani,
e quindi di studenti, con livelli di istruzione elevati, e poi, pero',
di operai, di lavoratori, della nuova classe operaia del lavoro interinale,
magari non manuale, pero' sicuramente estremamente precario. Quindi, dal
punto di vista della base sociale, emerge questa presenza caratteristica
multi-classe e multi-generazionale, che pure e' nuova rispetto al passato.
Al momento sto studiando lo stesso movimento qui in Francia, e stiamo
iniziando una ricerca anche sulla Germania, e questo sembra essere un dato
comune, quindi non solo italiano, ma anche degli altri movimenti in Europa.
- "Una citta'": Questo fatto degli adulti e dei giovani insieme fa
impressione. Non c'e' alcun problema generazionale?
- Donatella Della Porta: Infatti, non c'e' scontro generazionale. A
Firenze, oltre al questionario, abbiamo utilizzato un'altra tecnica di
ricerca che si chiama "focus group", quindi con interviste piu' in profondita',
piu' utile proprio per approfondire alcuni temi, l'identita' del movimento
in particolare. E li', per esempio, e' emerso che nei Forum sociali locali
sono presenti almeno cinque diverse generazioni: i giovanissimi, la generazione
universitaria, i settantasettini, i sessantottini, ma poi anche la
generazione degli anni Cinquanta, del dopoguerra. Quindi sono tante
le generazioni compresenti. Non solo padri e figli, come hanno detto i
giornali a proposito di alcune manifestazioni dell'ultimo anno, ma spesso
anche i nonni. Non c'e' conflitto, non sembra emergere conflitto, sembra
emergere piu' dialogo che scontro; mentre per esempio nel '68 c'era stato
anche l'aspetto di una generazione che si contrapponeva a un'altra, questo
nel movimento new-global non c'e'. Certo, c'e' una difficolta' spesso a
trovare un linguaggio, trovarsi, trovare e riuscire a darsi delle strutture
di coordinamento per una base organizzativa cosi' frastagliata, ma ecco,
sicuramente non c'e' una dimensione di conflitto generazionale.
- "Una citta'": Per concludere, un movimento come questo ovviamente
diventa anche contenitore di tutto, anche delle vecchie ideologie, un certo
anti-americanismo pregiudiziale, un certo tipo terzomondismo, o le stesse
varie correnti comuniste. Ecco, secondo lei le vecchie storie quanto peso
hanno? O prevalgono gli aspetti di novita'?
- Donatella Della Porta: E' una domanda che si pone spesso qui in Francia,
in maniera anche evidente, perche' molti dei personaggi piu' visibili del
movimento sono persone con un passato nei gruppi trotzkisti, o anche nel
partito comunista francese, che era un partito comunista con un'identita'
particolarmente chiusa. Io ho l'impressione che questo aspetto del "contenitore"
di tante cose differenti si veda anche in Italia. E pero' non mi sembra
l'aspetto piu' dinamico del movimento. Se si guarda nelle
riunioni, non c'e' dubbio che c'e' un po' l'effetto palcoscenico, dove
attivisti di organizzazioni sopravvissute al passato, al riflusso dei movimenti,
di gruppi piu' tradizionali, e spesso burocratizzati, trovano un momento
per ripresentarsi e cercano di entrare, pero' mi sembra che non esercitino
una forte capacita' di attrazione, soprattutto rispetto alle generazioni
nuove. Queste, che rappresentano il numero piu' consistente e crescente,
mi sembra non si facciano condizionare o coinvolgere da questi
possibili rischi di cooptazione. E mi sembra che siano soprattutto
loro a dare il tono al movimento.