Pablo Echaurren, pittore e scultore, e Claudia Salaris, studiosa di
storia e letteratura delle avanguardie e in particolare del futurismo,
compiono una interessante panoramica su dieci anni di controcultura in
Italia, su spinte, iniziative, proposte, vissuti del movimento giovanile
(e non solo) nel paese in cui il Sessantotto è stato più
lungo e in cui maggiormente ha avuto una prevalente dimensione politica.
La tesi centrale del testo, esposta in modo spesso polemico verso altre
interpretazioni che privilegiano la dimensione politica, è che le
controculture servirono come base alla rivolta studentesca, furono centrate
sull'antiautoritarismo, ma furono "marginalizzate" nel quadro di una politicizzazione
che tendeva a comprimere gli aspetti esistenziali, soggettivi e creativi
e ad anteporvi quella visione preparata o alimentata da riviste come "Quaderni
rossi", "Quaderni piacentini", "Giovane Critica", "La sinistra", "Classe
operaia".
L'underground, cioè, si arresta di fronte all'onda d'urto tutta
politica e passano in seconda fila il bisogno di metamorfosi radicale del
modo di vita e le spinte (pace, eguaglianza, sessualità) che segnano
l'iniziale rifiuto di una concezione "unidimensionale" della realtà.
Il testo è diviso in capitoli che ripercorrono cronologicamente
il decennio. La rivolta esistenziale cresce fortemente negli anni '60,
quella caratterizzata dai giovani nati "nell'era della bomba atomica".
Le manifestazioni pacifiste, contro il pericolo del nucleare che potrebbe
segnare la fine della vita sulla terra, sono il primo segno di un mutamento
rispetto agli anni Cinquanta, segnati dall'immobilismo, dal conformismo,
dalla rigidità della scelta di campo.
Si modificano lo stile delle iniziative, il modo di presentarsi. Nelle
differenze, situazionisti e provos esprimono, anche ironicamente e iconoclasticamente,
il rifiuto del modo tradizionale di "fare politica" e la messa in discussione
del riferimento primario alla classe operaia. Il primo gruppo di provos
in Roma suscita scandalo dividendo il mondo in tre gruppi:
- i produttori di benessere e di articoli di consumo,
- la massa alienata consumatrice,
- i soli capaci di opporsi e di proporre un "tempo liberato", come
espansione di tutte le potenzialità del soggetto.
L' "età dell' innocenza" è segnata dalla nascita di molti
periodici "per i giovani": "Ciao Amici" (1964), "Big" (1965), "Giovani"
e "Mondo beat" (1966), dall'esplodere del fenomeno delle discoteche (il
Piper di Roma), da trasmissioni radiofoniche ("Bandiera gialla", "Per voi
giovani") rivolte specificamente ad un pubblico giovanile. L'interesse
per i grandi temi internazionali si sposa con quello per la poesia americana,
la riscoperta di un personaggio contraddittorio come Pound, l'interesse
per le filosofie orientali. Il viaggio di Ginzberg in Italia (estate 1967)
sembra compendiare tutti questi elementi, ma segna anche la crisi dell'area
beat (da questo punto, secondo gli autori, il "cappello politico terrà
in ombra il reale vissuto e il popolo underground si dislocherà
in mille modi differenziati".
Inizia la fase delle "autoproduzioni", piccoli giornali tutti centrati
sulla proposta di nuovi modi di vivere (la modificazione del modo di vestire
e per la donna e per l'uomo), sull'endiadi arte/vita, già presente
in altre fasi dell'avanguardia novecentesca.
Il "biennio caldo" 1968-1969 è percorso non negli aspetti più
noti e trattati in testi e ricostruzioni, ma attraverso le contestazioni
a festival e premi, il primo femminismo, spesso provocatorio, il recupero
di tanti elementi futuristi, comportamenti scandalosi come quelli degli
"Uccelli" di Roma (è curioso ripercorrere le imprese di Paolo Liguori,
detto "Straccio", ora approdato sui tranquilli lidi di "Italia 1"). la
presenza di una rivista come "Quindici" che lega avanguardia letteraria
con discorso politico tout-court.
Il periodo successivo "Arte contro" è analizzato nel recupero
del dadaismo e dell'esoterismo, nelle forme di "devianza" sessuale, nel
nuovo teatro che nasce anche dalle difficoltà di quello tradizionale
(gli Stabili), nel cinema, nelle arti figurative (la singolare figura di
Pinot Gallizio), nelle canzoni, nel nascere di riviste come "Muzak" (1973-1976)
e "Gong" (1974-1977), nell'umorismo di vignettisti (Chiappori, Zamarin,
Vincino, Fo, Calligaro) e di riviste ("Cabalà", "Comix"), in manifestazioni-happening
in cui parola e gesto, vissuti collettivamente, si intrecciano)
Il "viaggio nei settanta", nel decennio cioè più controverso
della nostra storia, su cui ancora le analisi e le ricostruzioni sono largamente
insufficienti se non reticenti, costituisce una carrellata su elementi
spesso non omogenei, sul differenziarsi di un mondo in cui la "crisi della
politica" diventa elemento determinante.
Gli autori ripercorrono la crescita del movimento delle donne (ricordate
"Sputiamo su Hegel" di Carla Lonzi?), il crescere di tendenze mistiche
e psichedeliche (il mito del viaggio interiore), il moltiplicarsi di concerti
in cui si propone la trasformazione di tempo libero in tempo liberato e
si manifesta il rifiuto della delega al grande circuito distributivo, esperienze
come quella della riviste "Re nudo", in seguito "Il male", "Cannibale",
“Frigidaire" o i legami con la francese "Socialisme ou barbarie".
Libri come Underground a pugno chiuso di Andrea Valcarenghi, Porci
con le ali di Lidia Ravera e Marco Lombardo Radice, la stessa formula "Il
pane e le rose", testimoniano il rifiuto di ogni forma organizzativa, di
dirigismo, di leaderismo, di sottomettere il proprio personale alle scelte
politiche del gruppo di cui si fa parte.
Si modifica il linguaggio, sempre più "spontaneo e desiderante".
In un lungo brano riportato (p. 207), Umberto Eco si chiede come gli stilemi
dell'avanguardia artistica, nati in ambito elitario, si siano travasati
nel linguaggio giovanile, sino a diventare di uso comune.
Il libro, nato e sviluppato su una tesi, la sviluppa coerentemente
e con ricchezza di documentazione. Il taglio può sembrare unilaterale
ed è ovviamente elemento di discussione, ma la lettura è
di grande interesse e complementare a studi, purtroppo ancora parziali,
su questa stagione di storia (politica, culturale, artistica, di costume...).