«Sono un comunista! Per le mie idee ho passato sette anni a Portolongone.
Alle mie parole quei signori benvestiti che portavano sulla giacca uno
strano distintivo nero col fascio impresso, restavano ammutoliti e mi giravano
le spalle». E' il momento in cui Carlo Venegoni s'imbarca su una
nave per fare ritorno a casa, appena uscito da sette anni di segregazione
nelle carceri di Volterra, Alessandria e, da ultimo, all'isola d'Elba.
Una storia tra le storie di quattro fratelli che attraversano tutte le
tappe del militante comunista tra le due guerre: la provenienza da famiglia
proletaria, il mestiere operaio, la formazione di partito, il lavoro nel
sindacato, l'antifascismo, l'esperienza del carcere, la lotta partigiana,
infine le istituzioni. Da questo intreccio di politica e famiglia è
nato un testo narrativo a più voci, scritto da Paola Ceredo e letto
assieme a Moni Ovadia e Sergio Cofferati un anno fa, in un'iniziativa della
Cgil al Piccolo Teatro di Milano. Proprio in questi giorni esce nelle librerie
il volume Quattro uomini liberi allegato alla videocassetta della registrazione
dell'insolita interpretazioni a più voci realizzata in quell'occasione
(edizioni Ediesse, libro+video a euro 15,00).
Il luogo da cui parte la storia è la Legnano dei primi del Novecento,
un grande borgo operaio tagliato a metà dal ramo della ferrovia.
Ogni giorno si ripete il rito di uomini e donne che lavorano dodici ore
a paghe misere. «vestiti con modesti panni di
cotone in estate e di lana scadente in inverno, avvolti in mantelline
militari trovate al mercato dell'usato». Le case degli operai sono
spesso insalubri, «piene di cimici e di pulci», buie e fredde.
I genitori dei Venegoni, Paolo e Angela, sono entrambi di
origine contadina, ma inizieranno a lavorare giovanissimi nelle fabbriche
tessili. Si sposano nell'anno 1900 e in rapida successione nascono Maria,
Carlo, Mauro, Pierino, Gina e, da ultimo, Guido. La primogenita entra in
fabbrica a dodici anni,
Carlo a tredici, seguito subito dopo da Mauro. Nel '17, sull'onda delle
prime, confuse notizie che arrivano dalla Russia, partecipano alla loro
prima manifestazione politica organizzata, la celebrazione del primo maggio.
I fratelli iniziano a lavorare nella Fiom, l'organizzazione sindacale dei
metallurgici. Con la fine della Prima guerra mondiale e della mobilitazione
bellica la condizione operaia è colpita da disoccupazione e indebolimento
dei salari. In breve monta l'ondata delle occupazioni
delle fabbriche. Carlo, operaio alla Franco Tosi e dirigente dei giovani
socialisti di Legnano, è incaricato di mobilitare i giovani per
garantire l'occupazione degli stabilimenti. Ma la protesta si conclude
con un sostanziale fallimento. La responsabilità principale viene
addossata al partito socialista, ritenuto incapace di una direzione politica
della lotta all'altezza della situazione. Si arriva così alla scissione
del congresso di Livorno del gennaio del '21 e alla nascita del partito
comunista d'Italia. «io venni nominato - recita nel testo la voce
di Carlo - prima segretario della sezione di Legnano e poi capozona del
partito per l'Alto Milanese. Contro di me e contro i miei fratelli cominciò
ben presto la persecuzione: agli arresti, ai fermi di polizia si aggiunsero
le aggressioni degli squadristi fascisti».
Gli eventi della storia corrono, si accavallano, precipitano. Nel '24
Carlo incontra Antonio Gramsci, in occasione di una riunione negli spogliatoi
di un campo sportivo di cui è custode un compagno. La relazione
del giovane impressiona a tal punto
Gramsci che questi lo proporrà come membro della delegazione
italiana al V congresso dell'Internazionale comunista. Carlo parte per
l'Unione Sovietica sotto la falsa identità di un ingegnere in viaggio
di lavoro. A Mosca, dove è in atto una contrapposizione all'interno
del partito bolscevico, si scontrerà con Stalin. Tornato in Italia,
dove con le leggi eccezionali il fascismo consolida la propria dittatura,
Carlo è incaricato di ricostruire la Confederazione del lavoro disciolta
dai dirigenti riformisti, ma a causa della delazione di un compagno socialista
- in realtà, informatore della questura - verrà arrestato.
Trascorrerà sette anni in carcere, passando da periodi di isolamento
e segregazione a periodi di lavoro politico con altri quadri comunisti.
Nel carcere di Alessandria organizza insieme ai compagni corsi di studio
e di formazione, dall'italiano alla matematica, dalla filosofia alla pedagogia,
dalla storia all'economia.
Intanto, l'altro fratello Mauro espatria in Francia nel '29: da Parigi
verrà mandato alla scuola leninista di Mosca. Poi è inviato
di nuovo in Italia, in Sicilia, per organizzare il partito, ma nel '32
è arrestato e condannato a cinque anni di reclusione.
I quattro fratelli si riuniranno di nuovo insieme soltanto dopo l'8
settembre, dopo essere passati chi per ennesimi arresti, chi per il servizio
militare. Per più di un anno mettono in piedi una tipografia clandestina,
prima in polemica con il partito comunista, poi rientrando nelle sue fila
- con l'unica eccezione di Mauro sul quale "pesano" posizioni di matrice
bordighista. Ai primi di agosto del '44 Pierino viene arrestato e torturato
a Milano dalla Muti in via Rovello, poi deportato in Germania. Tornerà
a guerra finita. Diverso invece il destino di Mauro: organizzatore delle
brigate partigiane Sap (squadre d'azione patriottica) prima nell'Olonese
e poi nel Vimercatese, finirà per essere arrestato - complice una
distrazione nelle regole cospirative - torturato e assassinato dai fascisti
a Busto Arsizio. Carlo sarà a Genova, nelle brigate Sap, fino all'insurrezione
finale, poi dopo la guerra ricoprirà incarichi
nella Cgil, oltre al mandato da deputato per il Pci dal '48 al '63.
Guido, infine, si salverà per un pelo dai fascisti e continuerà
fino alla fine la lotta nelle brigate Garibaldi. Dopo la guerra sarà
segretario in diverse Camere del lavoro e deputato Pci nel '72 e nell'80.
Vivrà fino all'87.
Tonino Bucci, da "Liberazione", 22 ottobre 2003