In ricordo di Rina Barbieri


Rina Barbieri è stata una delle principali animatrici delle lotte operaie alla Borletti negli anni 60 e 70. Ha fondato il cub della Borletti ed ha militato in Avanguardia operaia poi in Democrazia proletaria. La ricordiamo con l'intervento di Basilio Rizzo al suo funerale e con le parole di sua sorella Silvana alla commemorazione di Rina Barbieri, Patrizia Arnaboldi ed Emilio Molinari il 1 ottobre 2025


Poiché siamo in chiesa per ricordare Rina, partirò da Don Milani che ci ha donato la più bella spiegazione di che cos’è la politica…“ho imparato che il problema dell’altro è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica”…
Quando la giovane Rina inizia il suo impegno politico sindacale alla Borletti quelle parole non erano ancora state scritte. Eppure i valori che le sottintendono erano già i suoi.
Li aveva dentro di sé, aveva compreso l’ampiezza diffusa del disagio sociale. Da lì la sua determinazione a lottare per i diritti e le ragioni di tutti i lavoratori. E voleva farlo insieme, creando mobilitazioni unitarie e partecipate. Il nome CUB (Comitati Unitari di Base) dato agli organismi che si andavano formando in molte fabbriche -nella Borletti con Rina in prima fila- indicavano di per sé una pratica ed un programma. La fabbrica è stata per lunghi anni la vita e la scuola di vita per Rina. Personalmente ho lavorato altrove e fatto politica in altri contesti, ma ho imparato quanto è stata ed è importante la fabbrica per chi l’ha vissuta. Certo: un luogo di fatica, di sacrifici, spesso di soprusi, di ingiustizia, di conflitti, duro insomma. Ma anche un luogo a cui ci si affeziona. Un luogo ricco di relazioni, di storie vissute e condivise, di voglia di parlarsi, un luogo che, in fondo, garantiva di stare insieme, non soli, di sentirsi compagne e compagni e non estranei. Dove anche le lotte, un corteo interno, uno sciopero riuscito, una manifestazione molto partecipata, un volantinaggio affollato con solidarietà ai cancelli, ti riempivano il cuore. La fabbrica, la tua fabbrica, dava una identità forte. Di cui, al fondo, eri orgoglioso. Rina credo abbia avuto questo sentimento per la sua fabbrica. Sarà una frase fatta ma Rina è stata, e sarà sempre la Rina della Borletti! Instancabile, coraggiosa, non si tirava mai indietro. Sapeva ascoltare e farsi ascoltare. Senza risparmiarsi, ma sempre in una dimensione collettiva, mai malata di individualismo. Nel sindacato, in politica mirava ad ottenere risultati, non a mettersi in mostra. Una militante convinta ed impegnata, ma non monocorde, anche attenta all’amicizia nei rapporti personali, premurosa ed affettuosa con chiunque. Una persona dolce, generosa ed umana. Cercava di far del bene e di voler bene. Ed a cui non si poteva che voler bene. Potrei finire qui, ma penso sia giusto aggiungere una chiosa.
Rina è stata una delle due protagoniste di una meravigliosa storia di sorellanza…se mi passate il termine. Non posso e non voglio dimenticare lo straordinario rapporto tra Rina e Silvana: nessuno di chi le conosce può pensare a Rina senza pensare a Silvana e viceversa. So e non taccio dell’attenzione e la cura che Silvana ha avuto per Rina durante la malattia. Un esempio di dedizione ed affetto cui va la mia, e credo la nostra ammirazione. Le persone buone d’animo fanno cose buone, sanno voler bene, aiutano il prossimo. Rina è stata così. Silvana è così. Se esiste un aldilà Rina continuerà a fare cose buone e cercherà d’essere d’aiuto a chi ne ha bisogno, a chi più soffre. Penserà a Gaza ed alla sua tragedia. Silvana continuerà a farlo qui tra noi.
Un forte abbraccio a Silvana, Luigi ed agli altri parenti.

Basilio Rizzo


Voglio iniziare ricordando le parole di Basilio in ricordo della “Rina della Borletti”, così era conosciuta mia sorella in quella grande stagione di lotte iniziata con il ‘68 degli studenti e seguita dall’autunno rosso operaio del 1969.
Io, però, vorrei raccontarvi anche di Rina mia sorella, perché la sua storia è quella di migliaia di giovani donne nate negli anni 30/40, che con fatica e determinazione hanno cercato di uscire dalla povertà a testa alta, in cerca di libertà e autonomia, senza mai dimenticare gli altri.
Il Castello di Cusago, periferia di Milano, era allora una comunità di contadini inurbati senza terra e senza lavoro. Noi in famiglia eravamo 7, mio padre, mia madre e cinque figli, tre maschi, io la più piccola e Rina la maggiore. E’ stata lei, a tenere in piedi la mia famiglia, ha lavorato sin da piccolissima nei campi, a 12 anni è andata a servizio da una famiglia di contadini, appena più grande a andata a fare la mondina, poi in imprese di pulizia a pulire le stanze al palazzo di giustizia, lavori duri, mal pagati e dov'era poco rispettata.
E’ stato l’incontro con la fabbrica a dare dignità al suo lavoro, ma anche lì quanta fatica! Prima alla Cucirini che però chiude, poi alla Riri e di nuovo i licenziamenti, e La Rina è insieme agli altri operai a lottare per il diritto al lavoro, ma anche questa fabbrica chiude e arriva alla Ratti, fabbrica metalmeccanica, dove s’impegna subito nel sindacato perché ha trovato qualcosa di più di una salario dignitoso, ha trovato una cultura che le corrisponde: la cultura operaia. E allora prende la tessera del Pci e l’Unità mette in prima pagina la sua foto.
Io me la ricordo quella pagina con la foto di mia sorella, ne ero orgogliosa ma anche timorosa, perché all’epoca i comunisti mangiavano i bambini e per mantenersi un lavoro ci voleva la raccomandazione del parroco. Era così a quei tempi. Io l’ammiravo e pensavo “Voglio essere come lei”. Ed è stata lei a spingermi ad andare a lavorare in fabbrica, a conquistarmi, insieme alle altre operaie, la dignità del vivere.
E ricordo la felicità di mia sorella quando con le 150 ore ha ottenuto la licenza media. Era orgogliosa perché anche il diritto di studiare se lo era conquistato con le lotte.
Vorrei aggiungere ancora una considerazione. Guardo i ragazzi di oggi, quelli che avevamo pensato troppo occupati a compulsare i tasti dei telefonini per pensare alla giustizia e invece eccoli qui oggi in piazza a migliaia, a decine di migliaia in tutto il mondo per Gaza, e penso che, con tutte le diversità, sono come eravamo noi. E sono certa che Rina si riconoscerebbe in quella richiesta urgente di giustizia che parte dal basso, la stessa che aveva noi allora. Il terribile genocidio a Gaza ha scoperchiato la prepotenza del potere. Gaza è per loro quello che fu per noi il Viet Nam, quell’Offensiva del Tet del 1968 che non fu una vittoria ma scompigliò le coscienze.

Silvana Barbieri