Quanto è efficace il lavoro dei centri per uomini che agiscono violenza contro le donne? Lavorare con i singoli uomini in che modo può contribuire al cambiamento culturale necessario per debellare la violenza di genere? Queste alcune delle domande al centro del convegno online giovedì 14 e venerdì 15 gennaio dal titolo Disertare il patriarcato. Per un nuovo patto di civiltà tra uomini e donne. La due giorni si può seguire, dalle 9 alle 13.30, sulla piattaforma Zoom, qui il format per l'iscrizione, e in diretta facebook sulla pagina dell'Associazione Senza Violenza.
Il convegno conclude il progetto Move on rivolto ad ampliare e monitorare gli interventi diretti a uomini autori di violenza contro donne partner ed ex partner, con l'obiettivo di responsabilizzarli e promuovere un cambiamento sociale e culturale diffuso: durato 2 anni, guidato dall'Associazione Senza Violenza di Bologna, ha avuto come partner l'Ufficio Pari Opportunità e tutela delle differenze del Comune, Casa delle donne, ASP Città di Bologna e ASC InSieme ed è stato realizzato con il contributo del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Un’occasione importante anche per presentare, per la prima volta, i dati totali dei 9 centri regionali rivolti agli uomini.
I risultati del progetto Move on:
- il centro Senza Violenza, che dal 2017 accoglie in città uomini autori di violenza verso donne partner o ex-partner, ha ampliato la sua visibilità grazie a una campagna di comunicazione realizzata alla fine del 2019
- è stata potenziata l'attività del centro, con l'introduzione dei percorsi di gruppo e l'allargamento degli orari di apertura
- un percorso formativo ha coinvolto più di 100 operatrici e operatori dei servizi sociali ed è stata sperimentata una scheda di monitoraggio comune ai diversi Centri in regione.
La Rete Regionale
Il convegno presenterà la Rete regionale dei centri del privato sociale per uomini autori di violenza, di cui fanno parte, oltre a Senza Violenza di Bologna, il C.A.M. (Centro Uomini Maltrattanti) Di Ferrara, il CIPM (Centro Italiano per la promozione della mediazione) di Piacenza e Reggio Emilia, il CTM (Centro Trattamento Uomini Maltrattanti) di Forlì e Reggio Emilia, Associazione DireUomo - Spazio ascolto maltrattanti di Rimini, M.UO.VITI (Mai più Uomini Violenti) di Ravenna e Faenza, il SUM (Servizio Uomini Maltrattanti) di Reggio Emilia. I 9 centri del privato sociale accolgono annualmente più del 60% degli uomini che in regione chiedono aiuto per porre fine ai propri comportamenti violenti.
I dati regionali raccolti da Senza Violenza tramite la scheda di monitoraggio messa a punto nell'ambito del progetto Move On:
- Nel 2020 sono 153 gli uomini che per la prima volta si sono rivolti ai centri per uomini che agiscono violenza della rete. Sommandoli a quelli in percorso da anni precedenti (142), si arriva a un totale di 295 uomini in trattamento in uno dei centri.
- Quasi tutti questi uomini avevano già usato violenza. Nel 19,1% dei casi il contatto del centro è una iniziativa diretta dell’uomo, nel 45,4% dei casi il contatto avviene a seguito di “pressioni” che hanno a che fare con la giustizia: dalla prescrizione di un magistrato, all’indicazione di un avvocato o del personale carcerario o delle forze dell’ordine; nel 13,1% dei casi dai servizi socio-sanitari; negli altri casi dalla partner o ex partner o da familiari e dall’associazionismo.
- Gli uomini che si sono rivolti per la prima volta ad un centro del privato sociale nel 2020 hanno un’età media di 40 anni, sono italiani nel 71,3% dei casi, sono in maggioranza coniugati o conviventi e hanno spesso (65,1%) figli/e con la partner attuale.
- I dati confermano che le situazioni di violenza agite dagli uomini accadono in maggioranza nelle relazioni intime: nel 65,3% dei casi infatti l'uomo che agisce violenza è il partner (coniuge, convivente, fidanzato o amante) e nel 12,4% l'ex partner; nel 6,7% dei casi si tratta di un familiare, più spesso il padre che agisce violenza verso le figlie o i figli. L'uomo è sconosciuto alla vittima della sua violenza solo nel 4,1% dei casi; nella stessa percentuale è un conoscente, mentre nell’1,7% è il datore di lavoro.