Sono in cinque e danno molto fastidio agli spacciatori, gli ultimi della filiera, quelli che vendono palline di cocaina o involucri con pochi grammi di marijuana, fatti con pezzi di plastica strappati dai sacchi neri della spazzatura. Ma anche se si tratta di quantità minuscole, le scovano lo stesso, ovunque siano: nascoste nelle siepi dei parchi, sotto cumuli di foglie secche, negli incavi naturali degli alberi. Sono infallibili nel trovare droga nonostante alcuni siano giovani: il più grande ha dieci anni, e per questo andrà in pensione tra poco.
Sono tutti maschi e si chiamano Vasco, Anubi, Axel, Apache e Grey. Non hanno il distintivo e neanche gambe e braccia, ma sono agenti a tutti gli effetti, con quattro zampe e un naso infallibile. Sono i magnifici cinque cani in forza al nucleo dei cinofili della Polizia Municipale di Bologna, una piccola ma determinante unità che fa parte del reparto Sicurezza.
Solo nel 2017 il fiuto dei cinque quadrupedi ha permesso alla Polizia Municipale di rinvenire, soprattutto all’interno del parco della Montagnola e in Bolognina (uno dei luoghi più battuti - nelle foto il parco del Dopolavoro Ferroviario), più di 8 chili di sostanze tra hashish, marijuana e cocaina, nel corso di un centinaio di interventi. L’anno precedente i rinvenimenti erano stati la metà, a conferma che il piccolo nucleo si è rafforzato ed evoluto. Anche gli spacciatori provano a evolversi, ma invano: tra gli ultimi rinvenimenti i magnifici cinque hanno scovato anche involucri di marijuana all’acqua di colonia. Il profumo non li ha per nulla sviati, con buona pace di chi pensava di aver avuto una buona idea.
I cani battono la città tutti i giorni: per loro trovare lo stupefacente è un divertimento (il premio è la felicità di giocare con una pallina di corda), e se non lo trovano il rischio è che si sentano frustrati. Ma la loro utilità non si misura dalla quantità di droga rinvenuta: non c’è infatti attività investigativa dietro il lavoro del nucleo dei cinofili, bensì prevenzione e controllo capillare del territorio. La loro presenza scoraggia, indipendentemente da quanto si scova nascosto tra i cespugli. Esserci è già un deterrente importante e restituisce quotidianamente parti di città alla libera fruizione dei cittadini.
A tenere il guinzaglio dei cinque cani ci sono sei vigili, quattro uomini e due donne, che hanno scelto di lavorare 24 ore al giorno e più che un mestiere svolgono una missione. In media fanno sei chilometri al giorno a piedi, “che tenendo un animale così vigoroso valgono il doppio…”, scherzano. Ma c’è di più: il vigile cinofilo infatti ha l’onere e l’onore di accudire, addestrare, nutrire e curare il suo cane giorno e notte. Insomma può diventare cinofilo solo se ha la possibilità di ospitare il “collega” nella propria casa.
Questa è una delle ragioni per cui alla base di questo lavoro deve esserci innanzitutto una forte passione, che va oltre il cartellino da timbrare. Tanto che quando il cane, di norma all’età di 10-11 anni, va “in pensione” perché il suo fisico non riesce più a tenere i ritmi dei servizi da coprire, in un certo senso va in pensione anche la specialità del suo agente perché, se non può permettersi di ospitare a casa un secondo animale, allora deve cambiare mansione all’interno del Corpo. Sì, perché il suo “collega”, anche se pensionato, rimane il suo cane, e resta a casa con lui. Affidare il cane all’agente cosiddetto “conduttore” sviluppa un legame indissolubile tra il vigile e l’animale, che si capiscono al volo. “Il nostro servizio non finisce mai – raccontano i vigili cinofili – ma non ne sentiamo il peso. Non ci separiamo mai dai nostri cani, giorno e notte, ma è quello che vogliamo. Siamo fortunati perché sentiamo di fare il più bel mestiere del mondo”.
Oltre all’accudimento, il vigile cinofilo si impegna a un addestramento permanente. Addestramento che non è solo formazione, ma è anche l’unica strada perché il cane sia soddisfatto e felice. “Se vado fuori con Apache per una settimana e lui non trova nulla, non trova soddisfazione e si sente frustrato – spiega il conduttore del cane, un giovane pastore tedesco – e non possiamo né vogliamo che questo accada”. Per questa ragione la Polizia Municipale ha attrezzato un campo dietro al Poligono di tiro di via Agucchi per tenere in allenamento gli animali. Ma tranquilli, di droga neanche l’ombra.
Il metodo di addestramento scelto dai vigili bolognesi si chiama SOKKS ed è tutto basato su un sistema di condizionamento su microparticelle: sono piccoli tubi di polipropilene con dentro aromi artificiali che riproducono l’odore delle sostanze bersaglio senza contenerne il principio attivo. In Italia, oltre alla Polizia Municipale di Bologna, si contano sulle dita di una mano le altre polizie locali che utilizzano questo sistema all’avanguardia, molto diffuso invece in Svizzera, Austria, Francia, Belgio e Brasile. Perché è meglio addestrare i cani con odori sintetici? Intanto il fiuto si affina ancora di più: abituati infatti a emanazioni più povere rispetto alle sostanze reali, i cani trovano la droga vera con più facilità. Inoltre un unico "tubing" riproduce l'emanazione di diversi stupefacenti, semplificando l'attività di formazione.
Il nucleo dei vigili cinofili, rodato e ormai abituato a lavorare a stretto contatto, sta però per cambiare volto. Infatti sono in corso avvicendamenti dovuti proprio all'età, ed il pastore tedesco Apache, che ha meno di quattro anni, farà da trait d’union tra la vecchia e la nuova generazione di agenti a quattro zampe.